Presentando al Consiglio Comunale una mozione sull’istituzione di un Registro comunale delle Dichiarazioni Anticipate di Trattamento (DAT), il nostro gruppo consiliare si poneva un obiettivo molto semplice: offrire ai cittadini di Merate uno strumento di facile accesso attraverso il quale poter esercitare con maggiore certezza un diritto riconosciuto e sancito dalla Costituzione, quello all’autodeterminazione in materia di trattamenti sanitari.
Ormai da anni nessuno mette in discussione la validità del Consenso Informato in base al quale il malato, con il supporto dei sanitari, può scegliere se dare o negare il consenso all’inizio o alla prosecuzione dei trattamenti sanitari. Secondo le norme costituzionali e deontologiche, è anzi assodato che mai un medico potrà fare qualcosa senza prima chiedere al paziente se sia d’accordo. Logica estensione del Consenso Informato sono le Direttive anticipate di trattamento, che consentono di dare a priori e in anticipo delle indicazioni che avranno valore qualora la persona – per qualunque ragione – non fosse più in grado di esprimersi1.
Ora, è evidente che tali documenti possano essere conservati ovunque: in casa propria, presso famigliari o amici fidati, presso Associazioni o Enti…
Perché un Comune dovrebbe farsi carico di conservarne una copia o anche solo di dare evidenza attraverso l’iscrizione in un registro dell’avvenuta compilazione e del luogo di deposito presso un fiduciario?
Sicuramente per una ragione molto pratica che è quella di garantirne una corretta conservazione e un’accessibilità rigidamente controllata, soprattutto qualora dovessero nascere dissensi o contestazioni. Ma anche e soprattutto per dare un segnale, forse simbolico ma certo forte, di attenzione ai bisogni dei propri cittadini, sostenendo e tutelando – per quanto nei propri poteri – l’espressione di un loro diritto fondamentale. E infine per sollecitare il legislatore, affinché si arrivi finalmente ad una legge nazionale su tutte le questioni che riguardano il fine vita.
L’argomento tocca una sfera certamente delicata sotto diversi punti di vista. Ci saremmo dunque aspettati obiezioni di tipo “ideologico”, se così vogliamo dire, o “etico”, sul “senso” stesso delle Direttive anticipate…o magari di tipo “tecnico”, sulle modalità pratiche e concrete di istituzione del registro stesso, sul regolamento, sull’accessibilità, sul rispetto della privacy…Nel nostro Paese, i Comuni che hanno istituito i Registri della Direttive Anticipate – e sono oltre 160 ad oggi – hanno messo in atto scelte diverse: alcuni, come ad esempio il Comune di Milano, raccolgono in un apposito registro semplicemente gli atti notori con cui i residenti che lo desiderano comunicano di aver redatto le proprie dichiarazioni anticipate di volontà, indicando il luogo o i soggetti presso cui sono conservate (a tal fine sono state stipulate delle Convenzioni con la Fondazione Umberto Veronesi e con la Chiesa Valdese). In altri casi conservano anche il testo delle Dichiarazioni Anticipate, sigillato in busta chiusa, per l’eventuale consegna a soggetto legittimato (medico/fiduciario/altro). In altri ancora hanno addirittura predisposto dei modelli di dichiarazione anticipate a disposizione dei cittadini.
Ognuna di queste soluzioni ha ovviamente dei pro e dei contro, sui quali eravamo più che disponibili a discutere per giungere ad una scelta comune e condivisa prima ancora di arrivare in Consiglio.
La scelta della maggioranza di porre la pregiudiziale di legittimità sulla mozione ha bloccato sul nascere qualsiasi approfondimento e dibattito. Gettando, a nostro parere, più di un’ombra sulla reale volontà politica di affrontare questo argomento che tocca comunque un aspetto non secondario della vita dei nostri concittadini.
Si è in effetti fatto appello ad una circolare del Prefetto di Lecco, che a sua volta riprende una Circolare Interministeriale sulla quale, fin dalla sua emanazione nel novembre 2010 (una data quantomeno “sospetta” per la sua vicinanza con la dolorosa vicenda Englaro) sono state avanzate importanti riserve, da numerose fonti più che autorevoli, l’ANCI in primis2.
Riserve di carattere formale nella scelta dello strumento stesso della circolare: “la Circolare ministeriale è, in quanto tale, un atto amministrativo incapace di vincolare i Comuni cui è diretta. Come correttamente è stato sottolineato in dottrina, “la circolare presuppone un rapporto gerarchico tra l’ente da cui l’atto promana e quello a cui lo stesso è indirizzato” cosa che viene smentita all’interno della circolare stessa”.3
Riserve di carattere sostanziale: a fronte della contestazione, da parte dei tre ministeri, di una pretesa volontà dei Comuni di sostituirsi al legislatore nazionale nel normare una materia non di loro competenza, quale appunto quella del fine vita, attribuendo un esorbitante valore giuridico alle DAT, è stato osservato che in realtà “i Comuni non hanno posto in essere alcuna attività normativa. Con il loro operato, non hanno fatto altro che offrire un peculiare servizio ai cittadini, dando la possibilità di autenticare i testamenti biologici, di assegnare loro data certa e, in alcuni casi, di conservarne una copia presso apposite sedi. In questo modo, i Comuni non vanno ad attribuire alle dichiarazioni raccolte una valenza peculiare né vanno a riconoscere al dichiarante nuovi od ulteriori diritti rispetto a quelli riconosciuti dallo Stato: semplicemente, si limitano a fornire ai loro cittadini, ai sensi dell’art. 74 del D.P.R. n. 445/2000 un mero servizio di raccolta e conservazione di documenti che, come tale, non può ledere alcuna prerogativa statale”.4
Quanto alla neanche tanto velata minaccia di carattere erariale (per cui l’attivazione di tale registro avrebbe configurato un uso improprio di risorse umane e materiali), è evidente che o non sussiste per quanto detto sopra o avrebbe potuto essere agevolmente aggirata facendo una stima dell’impegno richiesto agli uffici e chiedendo al cittadino un minimo contributo alle spese.
In conclusione: come detto, oltre 160 Comuni in tutta Italia hanno adottato i Registri comunali delle direttive anticipate e non abbiamo notizia che alcuna di queste delibere sia mai stata impugnata dalle rispettive Prefetture (compresa quella di Lecco, nel caso dei 6 Comuni della nostra provincia che hanno portato a termine tale iniziativa). Inoltre, del fatto che la circolare prefettizia non costituisca ostacolo all’adozione del registro, magari nella forma “attenuata” della semplice raccolta di atti notori, è prova ad esempio la delibera del Consiglio Comunale di Milano5, che la cita espressamente nelle premesse. Delibera che riporta in allegato anche i pareri dei vari responsabili di servizio, tutti favorevoli o non dovuti, a differenza di quelli resi dagli omologhi del nostro Comune…
Insomma, pur comprendendo in parte le ragioni di prudenza che hanno spinto la maggioranza a porre la questione di legittimità sulla nostra mozione, restiamo amaramente convinti che esse celino – maldestramente in verità – ben altre pregiudiziali di opportunità politica e ci dispiace che ad esse venga sacrificata l’occasione di contribuire a mandare un segnale importante non solo al legislatore nazionale affinché si arrivi ad una normativa complessiva sul fine vita, ma soprattutto ai cittadini, mostrando loro come un’amministrazione possa prendersi cura dei loro bisogni e tutelare i loro diritti in tutte le fasi della loro vita.
1Con “Dichiarazioni anticipate di trattamento” (DAT) si intendono quei documenti con i quali una persona, nel pieno delle sue capacità e nelle dovute forme, esprime la sua volontà circa i trattamenti ai quali desidererebbe o non desidererebbe essere sottoposta nel caso in cui, nel decorso di una malattia o a causa di traumi improvvisi, non fosse più in grado di esprimere il proprio consenso o il proprio dissenso informato. Il Comitato Nazionale di Bioetica già nel 2003 ha precisato come le DAT non debbano in alcun modo essere intese come una pratica che possa indurre o facilitare logiche di abbandono terapeutico e che siano legittime solo quando esse rispettino i seguenti criteri generali:
– siano fornite di data, redatte in forma scritta, da soggetti maggiorenni, capaci di intendere e di volere, informati, autonomi e non sottoposti ad alcuna pressione;
– non contengano disposizioni aventi finalità eutanasiche, che contraddicano le regole di pratica medica e la deontologia;
– siano tali da garantire la massima personalizzazione della volontà, non consistendo nella mera sottoscrizione di moduli prestampati, e vengano redatte in maniera non generica, auspicabilmente con l’assistenza di un medico.
2In una nota del 27 novembre 2010, l’ANCI ha stigmatizzato l’operato dei tre Ministeri da cui la circolare promanava (Ministero dell’Interno, del Lavoro e delle Politiche sociali e Ministero della Salute) definendolo “un approccio manifestamente burocratico, minimalista e disattento alle motivazioni generali che possono aver mosso l’operato dei Comuni”
testo completo ad es. in http://www.quotidianosanita.it/cronache/articolo.php?approfondimento_id=567
3 E. Stradella e F. Bonaccorsi – L’esperienza dei Registri delle Dichiarazioni anticipate di Trattamento sanitario tra linee guida e prospettive di regolazione del fine vita (pg. 299) all’interno del volume «Il diritto alla fine della vita» a cura di D’Alioia, Edizioni ESI, Napoli, 2012
4 ibidem, pg. 298 – E cfr anche A.PIOGGIA – I registri comunali delle Dichiarazioni Anticipate di Trattamento – S.Rossi – Tre Ministri e una circolare: nota sui registri comunali delle dichiarazioni anticipate in http://www.forumcostituzionale.it/wordpress/images/stories/pdf/documenti_forum/paper/0253_rossi.pdf
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